Intervista all’influencer Filippo Poletti, il SEO delle buone notizie su LinkedIn e su Google

Postato in data 2 Maggio 2024 da Fabrizio Sebastianelli

Filippo Poletti è il SEO delle buone notizie sul lavoro: cerchi una notizia positiva e in rete trovi lui. Il suo canale principale è LinkedIn, dove nel 2020 è stato nominato Top voice: oggi è uno dei giornalisti più seguiti sull’hub dedicato ai professionisti con oltre 17 milioni di iscritti in Italia.

filippo poletti

Tanti sono i contributi indicizzati con il nome di Filippo Poletti in rete. L’abbiamo contattato tramite LinkedIn e, dopo pochi minuti, ha accettato di confrontarsi con ServerPlan per spiegarci come ha rivoluzionato il modo di raccontare le notizie dedicato alle professioni. Sempre con l’hashtag #RASSEGNALAVOROIT. E come ha fatto a diventare l’esempio della SEO delle buone notizie sul lavoro.

Filippo Poletti, da anni sei presente in rete: come ti definisci?

Per l’anagrafe faccio parte della generazione X: sono nato nel 1970, l’anno – per parlare dell’universo tecnologico dove opera anche ServerPlan – della calcolatrice tascabile della Texas Instruments, della genesi del primo microprocessore monolitico commerciale, il 4004 di Intel commercializzato successivamente, nel 1971, o – infine – dello sviluppo del floppy disk di IBM (messo in vendita anche lui nel 1971).

Ufficialmente sono un giornalista iscritto all’albo dei professionisti dal 2002, ma mi piace dire che di lavoro “cerco storie, belle storie”. Lo faccio alla Monet. Avete presente il pittore nato poco più di 140 anni fa, nel 1883? Doveva vedere per dipingere. Addirittura, si trasferì a 43 anni a Giverny, a nord di Parigi, dove deviò un corso d’acqua e dove tutti i giorni dipinse ninfee, oltre 250 quadri. Ebbene, mi piacere andare a incontrare le belle storie: devo vederle, ascoltarle, incontrarle, anche online, e poi le racconto.

1970, anno di nascita di grandi artisti. Nella tua vita c’è tanta musica. Ne vuoi parlare?

filippo poletti
Filippo Poletti, LinkedIn.

Ho studiato chitarra classica e composizione sperimentale al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, mi sono laureato in musicologia a Cremona. A 49 anni, in piena pandemia, mi sono iscritto alla business school del Politecnico di Milano per acquisire nuove competenze politecniche, appunto.

In Italia si parla tanto e a ragione dell’importanza delle STEM ossia della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica. Negli Stati Uniti si parla anche di STEAM, ossia di scienza, tecnologia, ingegneria, arti e matematica. Credo che il bello sia poter abbracciare saperi differenti.

Tipo il pensiero scientifico e quello umanistico. Non sono per l’aut aut, ma per l’et et. Sotto questo aspetto sono uno studente a tempo indeterminato, ma anche un matcher a tempo indeterminato. Cerco di imparare e di condividere l’importanza dello stabilire il rapporto tra le cose.

Ricordate Maria Montessori, la pedagogista scomparsa nel 1952? Qualcuno ricorderà il suo volto sulle banconote da 1.000 lire. Lei diceva una cosa semplice: “Insegnare i dettagli genera confusione. Stabilire il rapporto tra le cose genera conoscenza”. Credo che vivere la vita, anche quella digitale, sia stabilire delle relazioni. L’essere umano nasce per essere sociale, per ricevere attenzione e dare attenzione.

Sei diventato in Italia l’influencer della SEO delle buone notizie sul lavoro. Come hai fatto?

Dal 5 maggio 2017 racconto su LinkedIn, con la rubrica connotata dall’hashtag #RASSEGNALAVOROIT, una buona notizia al giorno. Da allora, storia positiva dopo storia positiva, ho scritto più di 3.700 contenuti positivi. Attenzione, però, ciascuno di noi è un influencer, un attore della SEO.

Ogni mattina siamo degli influencer, ogni pomeriggio siamo degli influencer, ogni sera siamo degli influencer. Possiamo influenzare gli altri in modo positivo o negativo, riservando le nostre preoccupazioni. Oppure aiutiamo a far vedere il mezzopieno della vita. Ci sono quelli che vedono il mezzovuoto e il mezzopieno. Io cerco di vedere il mezzopieno raccontandolo in rete, senza negare, tuttavia, i problemi o le difficoltà.

WikiMilano ti ha inserito nella hall of fame, l’elenco dei grandi protagonisti della metropoli. Cosa hai provato?

Considero questa segnalazione un alert, come quelli che ti arrivano tramite app: “Guarda che ti seguiamo, abbi cura di noi”. Per come la vedo, la mia #RASSEGNALAVOROIT è un dono: come dice il giornalista e filantropo francese Dominque Lapierre, ciò che non viene donato andrà perduto.

Filippo Poletti, come ti vedi nei prossimi 5 anni?

Mi vedo a coltivare le competenze e le relazioni per contribuire alla rete. Nel bel libro dal titolo “La bussola del successo” di Paolo Gallo, italiano che oggi vive in Svizzera, esperto di HR, si introduce una formula che ho fatto mia: il capitale umano è dato dalla conoscenza per le relazioni, il tutto moltiplicato per la reputazione. Viviamo nell’era della zero separazione. Non ci sono più i 6 gradi della separazione con il resto del mondo. Ricordate?

È la teoria del sociologo ungherese Frigyes Karinthy che nel 1929, nel racconto intitolato Catene, raccontava di un uomo che si propone di dimostrare che chiunque sulla Terra sia collegato a qualsiasi altra persona da una catena di conoscenze di non più di cinque persone.

Poi è arrivato lo psicologo Stanley Milgram con il suo esperimento della lettera inviata da un gruppo di persone a un destinatario sconosciuto. Milgram scoprì che, in media, le lettere arrivavano al destinatario in sei passaggi. Oggi, grazie ai social media, la separazione è stata azzerata.

Puoi parlare con quasi tutti. È l’epoca della zero separazione, appunto. Dunque, possiamo condividere competenze con tutto il mondo, accrescendo anche la nostra reputazione. E facciamo attenzione a non confondere il lavoro con la carriera: il lavoro è ciò che facciamo, la carriera sono i passi che vorremmo compiere, grazie appunto alle nostre competenze, alle relazioni e alla nostra reputazione.

Hai scritto il libro Smart Leadership Canvas. Cosa sta accadendo oggi nel mondo del lavoro?

Siamo entrati nell’“IAcene” o epoca dell’intelligenza artificiale, una rivoluzione non solo tecnologica, ma anche di leadership. È quello che racconto nel mio ultimo libro. Servono anzitutto leader di cuore e di cervello: di cuore, rivolto alle persone oggi spaventate dagli sviluppi della tecnologia; di cervello, rivolto ai risultati di business con impatto positivo. Cosa devono fare i leader di oggi? Riservare alle persone le attività a valore aggiunto e alle macchine quelle a basso valore aggiunto. Un esempio concreto è quello del customer care di Wind, presentato da IBM ad AIXA lo scorso novembre.

Le relazioni con i clienti sono curate per il 60 per cento dall’intelligenza artificiale, per il 40 per cento dalle persone, riservando alle persone le relazioni che richiedono l’intervento umano. L’intelligenza artificiale non è stata usata da Wind per tagliare posti di lavoro, ma per restituire ai professionisti la loro centralità. Il caso di una grande azienda come Wind ci deve stimolare a fare questa riflessione.

Come ha sottolineato Anitec-Assinform, l’associazione delle tecnologie dell’informazione presieduta da Marco Gay, il 6 per cento delle aziende italiane con almeno 10 dipendenti ha adottato l’intelligenza artificiale con una netta prevalenza delle grandi imprese. È sulle piccole aziende, oltre che su quelle medie e grandi, che occorre puntare l’attenzione a livello di Paese, affinché non si creino aziende di serie AI e aziende di serie B.

Ti abbiamo seguito a Frosinone per la presentazione del suo libro sull’intelligenza artificiale. Che impressione ha fatto la provincia Frosinone a Filippo Poletti?

Splendida, direi. Penso alla bellezza dei borghi antichi, all’ospitalità delle persone e alla voglia di vincere del Frosinone Calcio, arrivato in serie A per ben 3 volte sotto la presidenza di Maurizio Stirpe. Nel mio libro il terzo capitolo è dedicato al Frosinone Calcio dal titolo La leadership dei gol.

Questa splendida squadra, allenata oggi da Eusebio Di Francesco, ha dimostrato di avere cuore e cervello, così come l’abilità di utilizzare la tecnologia: pensiamo all’apporto delle pettorine e dei parastinchi intelligenti o smart che inviano dati in tempo reale alle antenne a bordo campo per le analisi quantitative e qualitative compiute dallo staff di Di Francesco. Ad Arpino, come noto, nacque Cicerone nel mese di gennaio di 2130 anni fa: se la leadership smart del Frosinone fosse il titolo di uno scritto postumo di Cicerone potrebbe essere De clara conductione.

Qual è il contributo che ServerPlan può dare ai suoi clienti? E come vedi il domani della ricerca di contenuti nell’IAcene?

La terra gira intorno al sole e, aggiungo io, alla rete. Pensiamo al ruolo dei social media: secondo i dati diffusi da Blacklemon, sono ben 43 milioni gli italiani attivi regolarmente sui social: 33,6 milioni su WhatsApp, 29 su Facebook, 27,3 su Instagram e via dicendo. Quotidianamente tanti di noi si nutrono di ricerche in rete e di relazioni social, appunto. Nell’IAcene non verrà meno il ruolo della rete promossa grazie anche al lavoro di ServerPlan.

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Ma certamente sarà necessario esplicitare un Pagerank. Ossia come i chatbot ci propongono i contenuti. È una questione di fonti, appunto, e di selezione delle fonti. E sappiamo bene come la qualità dei dati interrogati sia fondamentale ai fini dell’eccellenza dei risultati ottenuti.

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Fabrizio Sebastianelli

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