Siamo abituati ad avere dei search intent definiti: transazionali per chi vuole fare (acquistare) qualcosa, informazionali per maggiori dati su un tema, navigazionali per raggiungere una risorsa e commerciali per farsi un’idea rispetto a un acquisto. Ad esempio, recensioni Serverplan
è commerciale mentre who is Serverplan
è navigazionale. Però ci sono delle sfumature che dobbiamo considerare, vale a dire i micro intenti SEO.
Vale a dire delle sfumature, delle sotto-categorie dei grandi intenti di ricerca che ti aiutano ad avere un’idea più definita e chiara delle necessità del pubblico. E sai bene che il vero Santo Graal del web marketing – e della SEO nello specifico – è proprio questo: sapere cosa vogliono le persone per poter dare tutto ciò che desiderano.
Ovviamente confezionando il contenuto da pubblicare nella forma migliore. Allora, vogliamo affrontare il tema dei micro intenti SEO? Iniziamo a lavorare sulle definizioni e sul ruolo all’interno della customer journey.
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Per capire i micro intenti SEO dobbiamo prima approfondire il tema del search intent. Con questo elemento intendiamo ciò che l’utente vuole ottenere realmente da una ricerca.
Stiamo parlando del suo intento, della necessità nascosta dietro alle parole utilizzate e digitate dagli utenti.
Capire il search intent – che di base può essere informazionale, navigazionale e transazionale – è importante perché in questo modo abbiamo un approccio complesso, articolato e diverso dal banale individuare una keyword e ripeterla nel testo. Questo è un modo di procedere ormai superato ed è il motivo per cui una query può vedere come primo risultato un contenuto senza testo ma con delle foto o un video: se questi contenuti rispondono al search intent vengono premiati.
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Con questo termine intendiamo le ricerche effettuate dai potenziali visitatori o clienti su Google (query) che nascondono esigenze differenti dalle classiche necessità transazionali, di navigazione e informative.
Mi riferisco a definizioni più specifiche dei grandi rami già individuati da questa tripartizione. Anche se in realtà dovremmo aggiungere anche le query commerciali che spesso rientrano nella categoria delle transazionali. Perché è così importante affrontare questo ulteriore passaggio? Semplice, dobbiamo capire con maggior precisione le necessità delle persone che vogliamo raggiungere per poter dare il miglior contenuto possibile.
Oltre alla necessità di creare il miglior contenuto, dobbiamo considerare quella che è la customer journey. Ormai abbiamo un continuo rimando a touchpoint che si rincorrono e susseguono in quello che Google definisce messy middle, una fase che si trova tra il momento in cui avviene il primo contatto con il brand e l’acquisto.
Ci sono fasi di esplorazione e valutazione – con relativi approcci espansivi e riduttivi – che si intersecano e in questa sarabanda decisionale appare la necessità di cercare informazioni su prodotti e brand di una categoria e poi valutare tutte le opzioni a disposizione. Qui si collocano i micro intenti SEO: delle definizioni di precisione delle ricerche eseguite dalle persone. Anzi dai clienti che vogliamo raggiungere con maggior precisione.
Partendo dal presupposto che possono variare in base al contesto, questo articolo di Search Engine Land prova a mappare quelli che potrebbero essere una serie di micro intenti SEO con relativi contenuti da utilizzare per soddisfare questi eventi. Inoltre, si cerca di incasellare queste query all’interno di un percorso dell’utente che va da una fase di non consapevolezza del brand a una di fedeltà e awareness completa, totale.
Pensa all’intrattenimento le persone vogliono passare il tempo e cercano divertimento su Google con brevi contenuti, meme o video che di solito vengono fruiti direttamente sulla piattaforma. Possiamo parlare anche di un micro intento di definizione perché vogliono prima capire cosa significa qualcosa e poi decidere se ha senso approfondire un argomento. Quindi passiamo al search intent espansivo: ho capito e ora voglio approfondire.
Sempre su questo fronte possiamo individuare un micro intento SEO di abilitazione. Qui gli utenti hanno bisogno di una guida specifica. Il contenuto che soddisfa questo intento di ricerca dovrebbe guidare passo dopo passo.
Qui possiamo racchiudere tutte le query di supporto, ovvero le richieste fatte all’utente rispetto a un brand per avere informazioni sul bene ordinato. O su quello che si vuole acquistare. In questi casi creare una pagina FAQ è la soluzione migliore per intercettare le esigenze e lo stesso vale per una risorsa dedicata alle recensioni dei clienti. Nei micro intenti navigazionali ritroviamo anche le query con un’esigenza geolocalizzata (brand + luogo)
Molto importanti i contenuti di confronto: l’utente sta per acquistare un prodotto e per avere una visione d’insieme cerca la soluzione migliore. Quindi può essere utile creare elenchi, classifiche, test o confronti per soddisfarlo Si può fare lo stesso per aiutare a scegliere quale variante di un servizio o prodotti acquistare.
Le categorie degli e-commerce sono ideali per questo intento di ricerca: aiutare l’utente a scegliere è la soluzione migliore per aumentare il fatturato. I prodotti e/o servizi dovrebbero essere al centro del contenuto principale ma li puoi accompagnare con informazioni per semplificare la decisione. Un approccio del genere dovrebbe essere affrontato anche per le pagine di vendita: aggiungi dettagli per servire un intento di approfondimento. Poi, l’UX designer deve essere in grado di trovare la soluzione giusta per fondere semplicità d’uso e contenuti.
Per approfondire: cos’è l’errore 503 che gli utenti trovano sul sito?
Semplice, l’idea è quella di investire di più su contenuti diversificati e capaci di soddisfare al meglio in search intent. Che non è un elemento monolitico, unico e inscindibile ma rappresenta un campo da definire nel dettaglio. Con contenuti specifici, tagliati su misura.